Moloch racconta una giornata di vita (1942) di Hitler in compagnia di Eva Braun, Joseph Goebbels e moglie, nel buon ritiro sulle Alpi Bavaresi. Eva cerca invano un riscontro amoroso nel suo freddo amante.
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Il film migliore nel complesso di Sokurov. La trasfigurazione ormai mitica di Hitler operata dal Sokurov (l'uomo più famoso del 900 assieme a Elvis) riflette un "mascheramento mitico del presente opprimente"; il mito, alla sua origine non è soltanto falsa coscienza, ma come parabola della società borghese, il mito costituisce un inganno su di una particolare condizione, che viene presentata come un frutto di un destino immutabile, un po come avviene con gli eroi del teatro wagneriano, tutta la sua vita è stata un lungo estenuante sacrificio dell'io sugli altari del pangermanesimo pagano a controbattere quel materialismo tecnocratico della civiltà in progresso rappresentato dalle plutocrazie giudee e dal bolscevismo. Pura utopia visto che eravamo nel 900 e non più nell'era antica. Questa utopia dei gerarchi nazisti emerge spettrale tra nebbie che virano in tenebre per tutto il film, con qualche momento di pura malia (Eva Braun che balla nuda in terrazza). Un film che è un balletto isterico di automi carismatici prestati al Valhalla, i gerarchi nazisti sembrano più maionette in mano ad oscuri padroni defilati (gesuiti, cavalieri di Malta, , i nazi britannici, industria metallurgica tedesca, i Rothschild) Leader fantocci che non conoscevano nessuna gioia, i tedeschi del resto non si rallegrarono nemmeno della conquista di Parigi. Mentre vincevano a tutto spiano, infuriavano già come chi non ha più nulla da perdere. All'inizio dell'imperialismo tedesco c'è il "Crepuscolo degli dei" wagneriano, l'entusiastica profezia del proprio tramonto.